PROLOGO: Principato di
Oxàba, Altro Regno, Microverso
Situato nella penisola
all’estremità orientale del supercontinente di Altro Regno, il Principato di
Oxàba rappresentava il centro commerciale di quell’estesa area. Il suo passato
vulcanico aveva fatto delle sue dolci discese verso l’oceano un terreno fertile
come pochi e ricco di minerali preziosi. Protetto dalle aspre cime della catena
di Sergài ad ovest, e con le poche vie di accesso di terra ben sorvegliate,
Oxàba si era sempre garantita un’esistenza pacifica. I suoi regnanti, consci
dell’importanza della propria terra, avevano imparato bene tanto a difenderla
con la forza delle armi quanto con una raffinata diplomazia; e non a caso, i
signori della diplomazia di Oxàba erano stati capaci di mediare molte
importanti contese.
La popolazione del regno aveva
eretto una delle più belle chiese in onore di Stargod, il dio-lupo protettore
del mondo, per avere dato loro una terra così meravigliosa, ma col tempo tale
dedizione era andata scemando. Mano a mano che la fama dei diplomatici e dei
soldati di Oxàba cresceva, cresceva anche l’arroganza di coloro che pensavano
sempre più di potere fare a meno di qualunque divinità. Tuttavia, nessuno dei
Principi che si erano succeduti avrebbe ceduto al richiamo della guerra di
conquista, col rischio di sconvolgere gli equilibri politici dell’oriente di
Altro Regno.
Almeno, non fino a quando non
fossero stati assolutamente certi di potere agire con un rischio minimo per
loro.
Sei mesi fa[i],
l’irruzione sulla scena delle armate di Mur-Argoran,
la città sotterranea emersa dopo un lungo esilio, portò con sé i potenti
eserciti al servizio del malefico dio-serpente Set. In breve tempo, gli adoratori del dio-lupo, gettati nello
sconforto dall’assenza del loro nume protettore, avevano ceduto importanti
posizioni all’aggressione di chi, per semplice convenienza o per ribellione o
per puro odio, aveva scelto di seguire la strada del nemico, anche senza adorarlo.
Oxàba aveva scelto la
convenienza. Evitando di restare direttamente coinvolta nel conflitto mondiale,
aveva prestato i suoi soldati migliori, i suoi mezzi e le sue ricchezze alle
forze alleate di Set, ottenendone in cambio una crescente posizione politica,
al punto da potersi virtualmente considerare, oggi, la potenza dominante delle
Terre d’Oriente.
Una situazione che, a partire
da oggi, stava per cambiare.
MARVELIT presenta
Episodio 29 – Conflitto di Interessi (parte 1 di 2)
Di Valerio Pastore (victorsalisgrave@yahoo.it)
Vista dalla nave, la città che
dava il nome al Principato non sembrava essere stata toccata dalla guerra. Le
torri dei suoi marmorei palazzi intarsiati d’oro erano ancora splendenti
testimonianze dell’orgoglio dei suoi abitanti. Persino le case dei ceti meno
abbienti erano comunque solide costruzioni in pietra ben tenute e circondate
dai loro piccoli giardini. Il porto era un fervere di attività umana, navi
delle più svariate dimensioni andavano e venivano dalla grande struttura
dominata da un colossale faro incastonato in una specie di fortezza dalla
pianta circolare.
La nave, scortata da due
imbarcazioni militari, fu guidata fino ad un porticciolo separato dalla zona a
maggior traffico. Una volta che ebbe ormeggiato, dalla banchina fu allungato un
ponte di legno e corda. Le navi di pattuglia rimasero a distanza, i loro uomini
pronti con archi incoccati e frecce quasi appoggiate a piccoli bracieri. Una
sola mossa sbagliata, una parola detta col tono sbagliato, e la nave sarebbe
stata mandata a fuoco senza la minima esitazione.
In quei turbolenti tempi, era
una misura inevitabile per le navi provenienti dal regno ribelle di Mournhelm. Anche se non c’era un
embargo, col ritorno in scena di Stargod, il Principato non era intenzionato a
correre rischi. Continuando a commerciare con i ribelli, speravano almeno di
ingraziarsi il vendicativo dio, anche se a corte molti speravano che Set si
mostrasse un avversario più che degno…
L’ispettore portuale salì a
bordo. Su suo comando, l’intero equipaggio si era messo a disposizione sul
ponte per l’ispezione e la perquisizione, mentre i suoi uomini esaminavano la
nave da cima a fondo.
L’uomo nel suo ricco abito
azzurro e oro dalle maniche a sbuffo e un ampio turbante fregiato d’oro,
gettando alternativamente gli occhi dai marinai ai documenti che il capitano
gli aveva dato, verificò che l’equipaggio fosse al completo…per poi fermarsi
alla vista dei sei forestieri che decisamente non avevano l’aspetto di marinai.
Stando ai documenti, erano i passeggeri sull’elenco. Il primo era un giovane
dall’aria nobile, robusto, capelli castani, con indosso un corpetto giallo e
verde e un paio di stivaletti di cuoio. Il secondo era uno di un anno o due più
giovane, dagli intensi occhi azzurri e lunghi capelli bianchi. Il terzo era una
donna, dai tratti indiscutibilmente nobili e alteri, capelli neri e due occhi
grigi come il ferro. Vestiva un abito lungo delle terre occidentali interne. Il
quarto era un individuo segaligno, anziano, con un bel paio di baffi neri
spioventi che avresti potuto buttare giù con uno schiaffo; eppure, i suoi occhi
sembravano animati da una volontà di ferro… Poi c’era un altro individuo, anche
lui magro ma più in forma, e non più giovane a sua volta. Il sesto era un uomo
che a guardarlo sembrava uscito dalla loro migliore scuola di arti guerriere:
alto, capelli neri, un fascio di muscoli a stento contenuti dalla blusa a
maglie d’acciaio, la pelle finemente abbronzata come si conveniva ad un ragazzo
cresciuto insieme al mare. Sulla spalla di quel giovane stava bene appollaiato…un
gatto. Un piccolo felino maschio, dalla pelliccia arancione, con due occhi
verdi larghi e intelligenti. Al collo, portava un collare di cuoio e ferro. “Un
esemplare raro,” disse l’ispettore. “Molto bello, complimenti. Allora,cosa vi
porta qui, gentiluomini?”
“Studio,” disse l’uomo
segaligno, che sui documenti era registrato come Estaban Corazon. “Io il mio esimio collega,” indicò con la testa
l’altro uomo, segnato come Richard
Rennsaeler “Vogliamo che i ragazzi abbiano da imparare quanto più possibile
del mondo che li circonda. Lady Mary
Elizabeth è la madre di John Jameson.
Rappresenta un’importante famiglia…”
L’ispettore scosse una mano,
ormai annoiato da quelle lungaggini. “Lasciamo stare. Sono più interessato a
sapere se questa nave trasporta spie o armi per…” si trattenne all’ultimo
momento, per poi rivolgersi ad uno dei suoi uomini. “Allora?”
Quello si mise sull’attenti.
“Niente, signore. Solo cibo, acqua, merce di scambio e i bagagli dei
passeggeri.”
Dopo avere lanciato un’ultima
occhiata ai passeggeri, l’ispettore si allontanò.
“Carino, quello stemma,” disse
Estaban. L’ispettore voltò la testa, infastidito. Il sole si rifletté sullo stemma
d’oro ovale che mostrava un serpente a sette teste. Poi se ne andò, seguito dai
suoi uomini.
“Cerca di non rifarlo,” disse
John, quando furono rotte le righe.
Estaban fece un breve inchino.
“Le mie scuse. Ma è la prima volta che posso muovermi con un’identità davvero segreta. Comincio a capire certi
super eroi…”
“Allora cerchiamo di fare
durare il gioco,” disse Mary Elizabeth
Sterling. “Prima di fare visita al Principe, dobbiamo assicurarci di
radunare i fedeli.”
John
annuì, ricordando quel colloquio, prima della partenza…
“Antesys, perché?” John, nella sua forma licantropesca, vestito della sua
armatura smeraldo e oro, era quasi disperato nel rivolgere la sua domanda alla
maestosa figura di drago formata da mille nuvole grigie e cupe nel cielo.
“Sei abbastanza potente da uccidere Set, è vero,” rispose la creatura con il rombo dei tuoni e il
soffio del vento. “Ma non è questo il
momento.
“Per…alcuni, la morte non è definitiva come pensi,
figlio mio diletto. E quand’anche Set tornasse dall’aldilà e tu lo uccidessi
ancora, sarebbe una vittoria vana. Sulla Terra che ti sei lasciato dietro,
l’antica alleanza degli uomini, dei lupi e dei draghi si sta ricostituendo in
vista della battaglia finale. Se Set sarà vinto in quella guerra, non sarà solo
una vittoria, ma il fondamento di un nuovo futuro per queste tre specie, la
promessa di una forza molto più potente contro minacce come quella che stai
fronteggiando ora. Insieme, distruggerete Set in modo tale che occorreranno
molte generazioni della vita di un mortale perché possa rappresentare una
minaccia, e per allora sarete pronti, uniti.”
Stargod chinò la testa, ma non
poté fare a meno di arricciare le labbra.
Il
vento gli accarezzò la pelliccia, dolcemente. “Avrai la tua vendetta, giustizia sarà fatta. Ma ora, sono i tuoi fedeli
ad avere bisogno del loro dio. La vera guerra è appena iniziata, devi essere il
loro miracolo, lo sai, la loro guida verso l’unione perduta.” Detto ciò, la
manifestazione si dissolse con un ultimo rombo di tuoni lontani.
Ad un visitatore casuale,
tutto sarebbe apparso semplicemente normale. La gente camminava per la strada,
chi immerso nei propri pensieri, chi chiacchierando amabilmente in gruppo. Chi
intento a chiamare dei clienti dai banchi della sua merce…
“Sembra che si siano abituati
in fretta ai loro padroni,” disse il giovane Muran, per il quale l’ispettore aveva provato tanta ammirazione.
Grazie al potere della
Godstone, il gruppo era in grado di vedere oltre le apparenze. E non era
infrequente incrociare la strada dei sinistri uomini-serpente che come macabre sentinelle procedevano travestiti
da uomini, mentre scrutavano attentamente la folla.
Il gatto sulla spalla di Muran
soffiò rabbiosamente ad una delle creature, che appariva come un’innocua
vecchietta.
Muran accarezzò l’animale,
mostrando un sorriso imbarazzato e chinando lievemente il capo. La ‘donna’
proseguì lungo la sua strada, passando accanto proprio a John.
“Dici che lo ha capito?” fece
Richard. Se avesse potuto sudare, sarebbero stati guai.
“No. Questi suoi agenti non
hanno assolutamente il potere necessario per rivaleggiare con quello della
Godstone.”
Il gruppo procedette
indisturbato fino a passare davanti a quello che rimaneva della chiesa del
dio-lupo. L’edificio di marmo bianco era stato semidistrutto. Una facciata era
crollata, rivelando un interno spoglio. Una statua di Stargod, che doveva
essere stata alta tre metri, era riversa in mezzo alla navata, spezzata in due.
Dall’interno, veniva un pesante odore di sangue essiccato.
“È una buona tattica,” disse
Estaban. “Questa dissacrazione ha più valore se poi un dio che dovrebbe essere
presente in carne ed ossa ne permette la perpetrazione.”
“Te ne intendi?” chiese
Richard, bene immaginando la risposta.
“Ne ho bruciate, di chiese, ai
vecchi tempi, per piegare la volontà dei miei nemici.” Gli occhi dell’anziano
alchimista s’illuminarono della familiare luce crudele a quel ricordo.
John lo fissò con attenzione.
“Allora pensa ad un modo per piegare la volontà di questi nemici. Sei bravo ad organizzare dimostrazioni, se non
ricordo male.”
L’uomo sfoderò un sorriso
compiaciuto. “Ho già provveduto. Non ne resterai deluso... Cosa c’è?” chiese,
quando vide lo sguardo di John fisso verso la chiesa.
“Qualcuno si è mosso, là
dentro. Ne sono sicuro.”
“Perché non estendi le tue percezioni
per…” fece il giovane dai bianchi capelli. John scosse la testa. “Potrebbe
essere una trappola. Grigar, lo hai
visto?” chiese, continuando a tenere un tono di voce basso.
Il gatto emise un miagolio
ronfante, breve.
“Seguilo.”
Grigar saltò giù dalla spalla
e sparì presto fra le ombre delle rovine.
John stabilì un ponte mentale,
in modo che tutti potessero vedere con gli occhi del felino. E tutti videro una
figura umana, vestita da una tunica grigia, con un ampio cappuccio, sparire
rapidamente dentro un’apertura nel pavimento! La botola fu chiusa rapidamente,
confondendosi perfettamente con il pavimento impolverato.
“Non era uno di loro,” disse Estaban. “Avete visto cosa
portava al polso?” Nessuno gli rispose, e lui proseguì: “Un bracciale metallico
di oro bianco, con una banda verde nel mezzo bordata di oro giallo. I colori di
Stargod.”
“Bella vista,” commentò
Richard.
“Una dote essenziale, per un
alchimista. Credo che abbiamo trovato…”
“Cosa state facendo, qui?
Identificatevi!” la voce che li distrasse dal quel colloquio
apparteneva ad un uomo alto,
muscoloso, vestito dei colori rosso e nero della guardia. Era accompagnato da
una squadra di sei uomini della stessa stazza, armati di alabarda.
Estaban ripeté, con la dovuta
deferenza, la storia di copertura e presentò i documenti. “I miei studenti si
chiedevano come mai, nel cuore della Perla d’Oriente, fosse esibito un edificio
così malconcio. Una chiesa di Stargod, per giunta.”
Il capopattuglia restituì i
documenti, sbuffando seccato. “Il culto di quel dio ha imbrigliato le nostre
ambizioni troppo a lungo. Le rovine provano che Oxàba non ne ha bisogno. Ora, se non avete altre domande, allontanatevi.
Questo non è un luogo da turisti.” Lanciò un’occhiataccia a John.
Il
gruppo obbedì quietamente.
Giunsero circa un quarto d’ora
dopo alla locanda che aveva suggerito loro il capitano della nave. Stando alle
ultime informazioni, il locale era gestito da fedeli del culto, anche se
questi, ufficialmente, non erano praticanti.
Una cosa era certa, almeno:
niente uomini-serpente, là dentro. In compenso, molti portavano al petto uno
stemma ovale d’argento che raffigurava Set.
“Posso esservi di aiuto,
stranieri?” disse una donna dai lunghi capelli neri sale e pepe, con un ampio
grembiule. Aveva un bel sorriso dai denti bianchissimi.
“Penso proprio di sì,” disse
Estaban. “Abbiamo bisogno di un buon pasto e, soprattutto, di una camera comune
per una notte.”
La donna annuì, e guardando
John disse, “Siete fortunati: abbiamo un’ultima camera che risponde alle vostre
necessità. Sarà pronta proprio fra un paio d’ora (ore).
Accomodatevi, prego.” Li accompagnò in una stanza riservata ai clienti più
ricchi, e li fece accomodare ad un tavolone in angolo. Solo altri due tavoli
erano occupati, e gli altri clienti parlavano mormorando a loro volta.
“Come mai tutti continuano a
guardarti?” chiese Max sottovoce, mentre prendevano posto.
John sollevò le spalle, non
meno perplesso. “Non ne ho la minima idea. Di sicuro non possono percepire la
mia natura, o adesso staremmo combattendo per le nostre vite.”
“I colori,” disse Estaban.
“Abbiamo osservato diverse combinazioni di colori, per gli abiti ed i gioielli,
ma il giallo, il verde e il bianco non sono mai stati insieme. Se sul tuo
costume mettessi anche il bianco, sarebbe come metterti un cartello che dice
‘Amo Stargod’. Fino ad ora, ce la fanno passare perché siamo forestieri.”
“Dannazione.”
“Come mai quella scelta, a
proposito?”
John mostrò un mezzo sorriso.
“Nostalgia canaglia: indossavo questo ‘abito’, quando ero solo Man-Wolf.
Era stato realizzato pensando che potesse schermare la luce della Luna piena e
tenere inattiva
Estaban scosse la testa.
“Selvaggi.”
“Piuttosto, alchimista, hai
detto che hai già provveduto a…”
L’uomo annuì. “Il Principe Ssylak ci ha messo la
tecnologia, io quello che serve a renderla efficace anche fuori stagione. L’Operazione Stormstar funzionerà alla
perfezione. Puoi dare l’ordine di esecuzione quando vuoi.”
Il protettore di Altro Regno
sospirò. A dire il vero, quel piano gli sembrava decisamente una perversione
dei suoi precetti di nume tutelare, ma c’era ancora la possibilità di doverne
fare a meno… “Prima parlerò con il Principe, quando verrà il momento. Per prima
cosa, stanotte dobbiamo fare un salto alla mia chiesa.” Poi si rivolse a Max.
“Cosa dicono i tuoi contatti?”
“I draghi rossi sono pronti a
calare dalle profondità del vulcano, per finire il lavoro dei tok.”
John annuì, e fissando il
ragazzo negli occhi, gli prese le mani nelle proprie. “Mi dispiace di avere dovuto
prima pensare a questo problema, ma Set ha troppa influenza su questo regno, e
se riesco almeno a ripristinare la sua alleanza, avremo molti problemi in meno.
Appena avremo finito qui, vi aiuterò contro lo Stormo Nero.”
Il giovane gli sorrise dolcemente.
“Sai che confido nella tua saggezza, pulcino. Non ti preoccupare.”
Quattro paia d’occhi fissarono
strabuzzati John. “Pulcino..?” chiese Richard.
Tutto contento, Max disse,
“Sì, mi è venuto improvvisamente in mente la prima volta che abbiamo fatto *mpff!*”
una mano calcata con forza sulla bocca soffocò il resto di quella imbarazzante
dichiarazione.
Estaban riuscì a mantenere
un’espressione composta, almeno fino a quando non cominciò a sollevare sempre
più marcatamente un angolo della bocca, poi l’altro. Le guance di Richard erano
pericolosamente gonfie; suonava come un palloncino bucato. Mary appoggiò
discretamente una mano alla bocca, ma le spalle le tremavano visibilmente.
“Amici..?” tentò John, a fil
di voce.
Con grande serietà, Muran
disse, “Distruggi il mondo per me, pulcino mio.”
Scoppiarono tutti a ridere.
Era la prima volta che si vedeva Mary spalancare la bocca in un verso così
cristallino. Richard era chino sul tavolo a battere un pugno, e persino la
risata di Diablo non aveva nulla di tenebroso. Muran, bontà sua, si limitò a
ridere fra i denti. Gli altri clienti li fissarono con fastidio, prima di
riprendere a mangiare.
John si nascose la faccia fra
le mani. “Maaxxx…”
“Cosa? Non ho detto niente di
male!”
L’uomo scosse la testa,
fissandolo con pazienza. “Amore, ci sono delle cose che in pubblico non. Si.
Dicono.”
“Bene bene, finalmente dei
clienti allegri,” disse la locandiera, arrivando con un carrello a tre ripiani
ognuno occupato da un vassoio ricolmo di cibo –carni calde e sugose, verdure
fredde e un non meglio definito impasto simile ad un purè. A parte, furono servite brocche di vino
rosso. “È da un po’ che girano certi musi lunghi.” Prese i vassoi e li depositò
fra i commensali. “Bagagli?”
Mary mise mano al sacchetto in
stoffa che portava alla vita, e ne estrasse tre monete d’oro. “Mandate un
ragazzo a ritirarli al molo piccolo. Sono su una nave di Mournhelm, non potete
sbagliare.”
Il sorriso della donna evaporò
di colpo. Gli altri clienti tornarono a guardare i forestieri; John ebbe la certezza
che se non fosse stato per la loro educazione, sarebbe scoppiata una rissa.
“Manderò un ragazzo a prenderli. Solo
una notte, avete detto?” Prese i soldi, e senza aspettare risposta, si
allontanò.
“Meno male che gliel’hai detto
ora,” fece Richard. “Credo che ci avrebbe sputato nel piatto, altrimenti.”
“E avrebbe fatto bene,” disse
uno dalla tavolata più vicina. “Mournhelm è abitata solo da selvaggi
guerrafondai. Hanno affondato molte delle nostre navi mercantili.”
“Un’accusa pesante,” ribatté
Max, calmo, ma sostenendo lo sguardo accusatore.
“I cadaveri dei marinai che le
acque hanno restituito sono la prova. Quelli di ‘helm sono talmente fanatici
che se non adori il loro dio sei un nemico mortale!”
Mai come in quel momento, John
avvertì il desiderio di trasformarsi e insegnare una lezione a quei fetenti.
Costringendosi a respirare normalmente, disse, invece, “C’era forse un
biglietto scritto sui morti, a testimonianza di un simile atto?”
L’uomo sfoderò un sorriso
acido. “Nessun altro avrebbe osato tanto.”
“Allora dovreste lamentarvi
con il Principe,” intervenne Mary, con una calma che non nascondeva una
sferzante ironia. “Se lui la pensasse allo stesso modo, niente da Mournhelm potrebbe avvicinarsi alle vostre coste, mi
sbaglio? E invece, i rapporti commerciali sono stati mantenuti.”
Questo mise a tacere l’uomo,
che si voltò e riprese a mangiare.
“Avrei dovuto pensare a
quell’argomento,” disse John a bassa voce. Se, sulla Terra, spesso tendeva ad
esitare sulle proprie decisioni, qui sembrava fin troppo deciso ad imporsi
senza pensarci su due volte. A sua scusante, tuttavia, c’era che Mournhelm per
lui aveva un significato speciale, e non per la religione. Mournhelm era la
patria di Garth, uno dei suoi
originali ‘cavalieri’ ed amici su quel mondo. E Garth, Principe di Mournhelm,
era un guerriero onorevole e leale, non
un pirata assassino! Non avrebbe mai ordinato una cosa così vile…
“Non te la prendere.” Non
c’era rimprovero o impazienza nella voce di Mary. “Io ho dovuto studiare per
anni l’arte della diplomazia. Tu hai davanti molti secoli di esistenza per
imparare. Confido che ci vorrà molto meno, naturalmente. E ad ogni modo, non ti
preoccupare di quale figura fai in questo aspetto: fin quando nessuno di questi
gretti individui saprà chi è John Jameson, nessuno potrà accusare Stargod di
essere…impreparato.”
“Mreow.” Con un salto, Grigar
saltò sul grembo di Mary, e da lì sul tavolo, dove si servì dal piatto di
portata senza tanti complimenti. Muran tagliò un pezzo di carne col pugnale e
lo diede al gatto. Provò ad accarezzarlo, ma un ringhio di avvertimento gli
fece ritirare la mano. A John, disse, “Le rotte commerciali, soprattutto quelle
da e per Oxàba, sono infestate dai pirati, lo sanno anche i bambini. I
gentiluomini qui devono essere agitatori politici. Il che mi fa pensare che o
si vuole alimentare la propaganda contro Mournhelm, per spingere il governo ad
azioni più drastiche. Quell’arcipelago è, in fondo, strategicamente molto
importante, e controllarlo darebbe un potere enorme anche sul medio oriente.”
“Nel qual caso,” commentò
Mary, dopo avere bevuto un sorso di vino, “il quadro si complica: l’intera
popolazione di Mournhelm è devota a Stargod, solo lo sterminio totale potrebbe
permettere la conquista dell’arcipelago. Ma ora che tutto il mondo sa che il
dio è tornato, che senso avrebbe tentare un attacco ora?”
“A meno che il nemico non
disponga di un’arma segreta capace di contrastarmi,” disse John. “Intanto,
preparano la gente, in attesa del momento giusto.”
“Una
ragione di più per schiacciare le loro ambizioni ora, e fragorosamente,” disse
Estàban. “Devono capire una volta per tutte di avere scelto gli amici
sbagliati.”
Sullo schermo principale, la
città appariva così…esposta, vulnerabile. Il mirino la inquadrava perfettamente.
Un solo colpo, e quel nido di serpi sarebbe scomparso per sempre…
“Vostra Maestà?”
Il Principe Ssylak dei tok
spostò solo lo sguardo verso l’ufficiale al suo fianco. “Cosa, Generale Viskajj?”
“È saggio che lei sia
presente? La sua incolumità…”
Continuando a fissare lo
schermo, il sovrano disse, “La mia incolumità avrà valore se trionferemo su
questo nemico. E non resterò l’ultimo tok vivente per essermi defilato dai miei
doveri.” Il suo tono non ammetteva repliche, e Viskajj non disse altro. In
fondo, il Principe aveva ragione: se perdevano questa guerra, non ci sarebbe
stato più niente della loro specie, figurarsi il futuro!
“Come procede la realizzazione
degli impianti di costruzione?”
Viskajj annuì. “Procede nei
tempi stabiliti. Abbiamo la piena collaborazione dei nativi umani, e le armate
di Ryger, insieme ai lupi e ai draghi alleati, stanno difendendo bene l’area.”
“ Ottimo. Ritirate il
periscopio.” comandò Ssylak. Ora era il momento di provare la propria lealtà ad
Antesys, e di lasciare che Stargod facesse la sua parte…
Nel
cielo sopra il mare della baia, la torretta di un periscopio scomparve nelle
pieghe del subspazio…
Una delle due lune eclissava
l’altra, trasformandola in una sottile falce scarlatta. Insieme, mandavano una
strana luce di argento tinto di sangue.
L’attività in città era
intensa come di giorno. La sola differenza erano le centinaia di luminarie
sparse per le strade.
“Un vero peccato,” disse
Estaban, indossando il familiare costume di Diablo. “Quasi come a New York.
Evidentemente, il regime preferisce gli affari al coprifuoco.”
“Si sentono sicuri, e ne hanno
ben ragione,” disse Muran, indossando la sua corazza, completandola con un elmo
a forma di testa di drago che copriva completamente il volto. Il filtro dava
alla sua voce un’inflessione metallica. “Hanno una tradizione militare
eccezionale, e la loro politica commerciale ha sempre reso più di un diktat.
Senza contare che è più facile per le loro guardie in borghese individuare
possibili spie confondendosi in mezzo alla folla.”
Mary indossò i guanti del
tetro costume del Seminatore di Morte.
Si aggiustò il mantello dall’alto colletto rigido, e terminò con il
cappellaccio. Ora il suo volto era un’ombra dai gialli occhi malevoli, e la sua
voce quella di un vero angelo oscuro. “Non potendo contare sulla sottigliezza,
dovremo fare rumore.” Accanto a lui, la figura di Richard lasciò il posto, con
un tremolio dal proiettore olografico, a quella corazzata d’argento di Iron Monger.
John si concentrò, e l’uomo
cedette il posto al lupo nella sua scintillante corazza. “Agiremo su due
fronti: voi vi dirigerete al palazzo. Uccidete quanti più uomini-serpenti
possibile. Cercate di non inferire sui collaboratori, a meno che non sia
strettamente necessario. E, soprattutto, assicuratevi che il Principe non
fugga. Io e Max,” e mentre lo diceva, il giovane lasciò il posto alla figura antropomorfa
familiare del drago azzurro “andremo a trovare i miei devoti. Grigar.”
Il gatto si trasformò
rapidamente nel possente demone felino vestito da una semplice corazza di
cuoio. “Le catacombe della chiesa sono il loro punto di raduno. Si radunano
ogni notte, e restano lì fino al tramonto delle lune. Sono stato attento a non
farmi vedere, quindi non stavano fingendo a mio beneficio.”
“Interessante,” disse Diablo.
“Come mai nessuno ha pensato di chiuderle?”
“Una trappola?” Ipotizzò
Stargod. “Lasciano che i fedeli si radunino, sapendo che alla fine avrei
risposto alle loro preghiere.”
“A questo punto, ogni ipotesi
vale come l’altra,” disse il Seminatore.
“Giusto. Perciò, come si dice:
facciamo casino!”